Šota Iatašvili (1966-), «Requiem»

Nato a Tbilisi nel 1966, Šota Iatašvili è oggi uno dei poeti georgiani più noti e tradotti, immediatamente riconoscibile dall’uso di un verso libero a cascata che si organizza per riprese, variazioni, echi ed effetti contrappuntistici, talvolta (ma non in questo caso) con esiti umoristici o surreali. Questo Requiem, riproposto di recente dall’autore stesso, risale agli esordi, nello specifico agli anni traumatici della guerra civile (1992-1993), culminata nella secessione de facto dell’Abcasia. Un episodio che nell’esperienza di chi lo ha vissuto non può che situarsi in continuità con una serie di eventi successivi, anche separati da decenni.

Šota Iatašvili (1966-)
Requiem [anni ’90]

Alle vittime civili della battaglia di Gagra[1]

Mi ammazzeranno
Ti ammazzeranno
E allora?
Verranno lo stesso verranno verranno
L’autunno l’inverno l’apocalisse
Il bollettino militare la grandine
Il pullman strapieno di gente …
Verrà verrà tutto quanto
Verrà di sicuro
E ti ammazzeranno
Lo ammazzeranno
E allora?
Tutte le cose che io pensavo mie
Quelle che tu pensavi tue
L’abitino i libri i sogni il bollitore
Hanno ucciso ogni cosa
La fede nuziale
Il 33 giri
Il nostro pappagallo che parlava
E quindi?
Sapevamo che ci avrebbero uccisi l’uno all’altra
Sapevamo che ci avrebbero ammazzato
L’abete natalizio il fondo del pane croccante ogni cosa
Eppure verrà senza vergogna il sole
Verranno verranno il sole la luna la pioggia la lettera il neonato
Verrà piangendo verrà strillando ma verrà
E allora?
Mi hanno ucciso
Ti hanno uccisa
Lo hanno ucciso
La casa l’hanno uccisa
Il giardino
Il ciliegio in quel giardino
L’arancio in quel giardino
Il nostro sedere insieme in quel giardino
E allora?
Ripeteranno ancora e di nuovo
Il soldato il tenente il colonnello il presidente
Verranno comunque
La primavera l’estate il papavero il mare
I corpi avvinti dell’uomo e della donna
Verranno lo stesso
Il pane imburrato il bimbo paffuto i cartoni alla tele
Verranno lo stesso
Verranno senz’altro
Verrà verrà tutto quanto
Ma non l’abitino i libri i sogni il bollitore
Che ci hanno ammazzato
Ma non tu e io
Che hanno ucciso l’uno all’altra
Ma non il sole la luna la pioggia
Che ci hanno ucciso così senza vergogna
Sapevamo che ce li avrebbero uccisi
Che ci avrebbero ucciso ogni cosa e
Infatti così è stato.
E allora?
Ripeteranno ancora e di nuovo
La radio la poesia la terra il mondo
Ancora e di nuovo ripetiamo noi
Ancora e di nuovo in un sussurro
Mi ammazzeranno
Ti ammazzeranno
Lo ammazzeranno
Ammazzeranno tutto
Ammazzeranno ogni cosa
E allora?
E quindi?
E quindi?
E poi?


[1] Città dell’Abcasia dove tra il 1 e il 6 ottobre 1992 si è consumato un sanguinoso episodio di pulizia etnica. (Il georgiano è molto specifico su certi nessi logici, come gli aspetti benefattivi/malefattivi, e molto vago su altri, come il genere grammaticale e l’oggetto dei verbi alla terza persona, risorse che il poeta sfrutta, ma rispetto alle quali il traduttore deve sbilanciarsi. Di qui l’idea, implicita ma non dimostrabile, che a parlare sia una coppia.)